SoundDreams

Uno strano effetto modellante, le
terminazioni nervose si fanno spazio tra i pensieri, elettroni
esplodono tra le sinapsi ricoperte da aloni elettrici tra i dentini
di altre cellule.

Sullo sfondo un buio infinito.

Luci generate dall’esterno vengono
trasmesse da filamenti colorati e tesi ai centri nervosi abilitati
all’equilibrio. Si muove lo strato superiore della terra e una
deflagrazione improvvisa pulisce il territorio dalla nebulosa di
microgocce dalle pigmentazioni piu’ disparate. Un mosaico a terra, piastrelle blu scure riflettenti si
alzano dal terreno e poggiano le loro basi di lato a formare una
muraglia di migliaia di chilometri che comincia a muoversi verso il
centro della terra. Nel vuoto dela paura e dal sottilissimo involucro
che la contiene. E’ un tunnel che si lancia a picco con le sue pareti
luccicanti e riflettenti sulla coscienza e sulle sue crepe. Anse
color silicio e devastanti suoni cromati provenienti da chissà
quale natura, puntellano le meningi con acuti e stridii. Ci si
avvicina al nucleo, e la velocità è tremila volte quella della
luce. I fotoni perdono il contatto con la velocità e tendono a
barcollare nel loro misterioso propagarsi. Sinusoidi generate da
minuscole particelle sbattono contro le lisce e levigate specchiere
della muraglia oramai tunnel indefinito. Vicini al termine della
solitudine si estende un infinito parco d’erba violetta e da sopra lo
spettacolo è un turbine incessante di venti e lampi; a picco sulla
rinascita, sembra scomparire la paura e si avverte una punta di
bianco, un piccolo sole a milioni di chilometri.

Raggiunto in pochi istanti.

Le pareti si disintegrano in una sorda
esplosione che polverizza l’aria e il circostante.

Maggio 2012, sembra che sia passata una
carestia, dopo un terremoto di 15 gradi della scala richter. Sono le
8e30 del mattino e gli allarmi delle case, delle auto ormai hanno
anche smesso di urlare, in giro c’è solo gente che prova a scappare,
non so da chi, non so da cosa. Prova a mantenersi in vita, impaurita
le vedi scappare infagottata, famiglie intere che corrono verso un
posto dove potersi riparare. Siamo in guerra, non si sa contro chi, e
con chi. Il mio pc è collegato ad un quotidiano in stream e i
commenti delle poche stazioni sono confusi, non riescono neanche più
a raccontarci palle. “Scappate concittadini, scappate il più
lontano possibile” sono le uniche parole che leggo.

Dicono che i cinesi siano arrivati con
i russi e gli iraniani a farci visita, dicono che se non siamo con
loro, siamo contro di loro. Io sono a casa. Devo scappare il più
lontano possibile. Ci stanno 4 amici con cui avevo già parlato di
tutto questo. Ci incontriamo e andiamo a fare la guerra dalla giusta parte.

Ritornano le gocce di suono senza anima ormai
scolorite, ritorna la luce, apro gli occhi ed è tutto come allora.
Due note. Due parole non dette.

Sopra un piccolo faro a luce solare, una televisione emana vigorosi gemiti, le labbra della donna
disegnata sono socchiuse e sembrano sussurrare qualcosa al muro, il
risveglio di piccoli topi davanti ad un materasso di formaggio e
caffè e solo lo specchio di un grosso hotel che da su un mare di
pixel sgranati.

“E’ lunedì! anche se dopo domenica
dovrebbe esserci di nuovo venerdì, non capisco il senso della
settimana”.

E ripetuti gorgheggi sopra un piccolo
faro rubato, rubato per estinguere un piccolissimo debito con la
strada. Quella sottilissima scia di catrame luccicante che
dall’ospedale dei sani porta all’osteria del Polo Nord. Senza nessuna
indicazione, nel tunnel luccicante fatto di milioni di piastrelle
luccicanti e asimmetriche, disposte davanti per dare negli occhi, per
essere sicuri di essere viste perchè quello è il senso della paura,
simile a quando cadi inghiottito da un urto, colpito da un parabrezza in
faccia o una splendida capriola carpiata; terminando sulle
caviglie e sulla nera pece secca, quella striscia di pece e sangue
che porta alle osterie o negli ospedali, senza che nessuno possa
capire la misura in cui i tuoi battiti pulsano, perchè il muro di
cristallo e disintegrato e dietro quello ce n’è un altro duro come
il piombo e leggero come il carbonio a sorreggere le fondamenta del
timore. Allora rialzi il corpo senza anima da terra e scorgi una
targa al neon che non riesci a focalizzare perchè socchiusi, i tuoi
occhi ormai ti aiutano solo per fare centro nel cesso di una clinica
privata, solo ed esclusivamente se non hai bevuto il brandy del
dottore in sala operatoria. Hai lo stesso il sentore, anche se riesci
a leggere, e cadi nel tunnel dipinto dai colori della tua
immaginazione e senti le mani trattenute da una donna, una Sibilla
sorridente ti porta all’inferno stringendoti le dita, chiedendoti di
farle accendere una sigaretta e continuando a stringerti le mani
fredde col suo calore, per riparare la sigaretta e la fiamma dal
vento. Da un piccolo suono si può arrivare ad un simile inganno e
senza tuttavia comprendere un onda cosi potente in piena fronte e in
pieno timpano, sconvolto ti giri, prendi posto e dormi.

Capita spesso che dei suoni entrino in
contatto con delle parti remote dell’organismo, o forse
semplicemente parti sensibili e stimolate dall’onda che li
costituiscono, capita che si nasconda dietro la polpa del midollo,
capita anche che non esca mai. Capita a me di rivivere delle zone,
degli odori e delle persone che ora non esistono, e se mi sbagliassi
sarebbero comunque troppo lontane, soprattutto dai miei ricordi che
non traducono il progresso del presente e sono costretti a rimanere
inalterati e senza nessun cambiamento, come una foto. Capita di
vedere delle cose, capita di pensarle o addirittura di farle pensare
al posto tuo, di scriverle sognanti e liberate da qualsiasi legame,
capita anche che accompagnino la giornata e che la facciano morire in
un cuscino di piccole particelle calde e rilassanti. La muraglia si
e’ abbassata, il vento si e’ placato, il colon anche.

Non sono sicuro ma credo sia spento
ora.

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